Ma perché?: 54 | Ma perché siamo messi male con il PNRR?

Radio Deejay Radio Deejay 3/31/23 - Episode Page - 9m - PDF Transcript

Ciao, sono Bebevio. C'è chi sa e chi non sa. Con il fotovoltaico Sorgenia dal tuo PC sai quante

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Diciamocelo, il piano nazionale di ripresa e resilienza PNRR è stato ragionato e costruito

in un momento in cui l'Italia era particolarmente in difficoltà durante la pandemia da Covid-19.

Come dire, il PNRR esiste perché il nostro paese ha vissuto momenti peggiori di altri. Non

a caso l'Italia è il principale beneficiario dei fondi del PNRR. Purtroppo però il nostro

paese al momento proprio sul PNRR si è impantanato e il rischio che un importante tranche da 19

miliardi salti è concreto. Ma perché? Io sono Marco Maisano e ogni giorno, assieme a chi ne sa

più di me, provo a ripartire delle basi per rispondere alla domanda più semplice del mondo. Ma perché?

Oggi al ma perché vorrei aggiungere anche un ma come possibile di sfogo perché insomma non ci si

crede. Il PNRR è oggettivamente la cosa migliore che si è capitata all'Italia da molti moltissimi

anni. Ormai anche più dubbiosi quelli che dicevano no ma non è vero, questi soldi non ci servono,

ci vogliono fregare anche loro, si sono convinti che invece i 200 miliardi che l'Europa ci dovrebbe

dare, come dire, sarebbero molto utili non solo ad evitare una crisi in arrivo ma a ottenere

soprattutto come ha fatto notare Angela Mauro su Fintan Post, quella credibilità di cui l'Italia

ha bisogno per dire all'Europa una cosa tipo. Visto che abbiamo fatto così bene con i fondi

comuni del PNRR, fondi che avete messo tutti, paesi membri a disposizione dell'Italia e visto

che l'Italia ha un debito così grosso, facciamo che in futuro continueremo su questa strada no?

Del nuovo debito se ne fa carico l'Europa e non soltanto l'Italia. Ecco questo un po' è

un ragionamento per carità, detto forse fin troppo semplice ma di base il succo e questo.

L'Italia ha bisogno che l'Europa in futuro si cariche di ulteriore debito e non che lo faccia

lei stessa. Qualcuno però dirà, l'Italia verza sua volta all'Unione Europea una montagna di

miliardi ogni anno, vero? Ma meno di quanto in cassa, la Corte dei Conti pochi mesi fa ha

garantito essere vero e il contrario, con il PNRR l'Italia prende più di quanto verza.

Nel 2021 l'Italia è versato a l'UE 18,1 miliardi ed è incassati 26,7, di cui 10 circa

provenienti proprio dal PNRR. Ma niente, non ce la facciamo, l'Italia si è impantanata e rischia

di perdere una tranche del PNRR da 19 miliardi. Ma perché? A rispondere alla domanda di oggi è

Luca Bianco, giornalista politico economico di Affington Post Italia. Questa è la risposta che

mi ha mandato. È come se avessimo i soldi per comprare una Ferrari, ma noi come Italia sappiamo

guidare semplicemente una Twingo. Diamo un po' di numeri, in ballo per l'Italia ci sono 222 miliardi

di euro, di cui 191 c'è l'Italia. Sono un sacco di soldi, l'unico problema è che questi vanno

necessariamente spesi tutti quanti entro il 2026, altrimenti ieri dobbiamo ridare. È questo il

contratto che abbiamo stretto con Bruxelles un paio d'anni fa quando c'era Giuseppe Conte al

governo. Si tratta di investimenti con i quali velocizzare un sacco di cose, la transizione

ecologica, quella digitale, risorse con le quali possiamo ristrutturare il welfare, la sanità,

le pensioni, la giustizia, i trasporti, l'agricoltura. Insomma, ormai lo sappiamo un po' tutti.

Sulla carta, e sottolineo sulla carta, il piano nazionale di riprese e resilienza è in grado

di trasformare il volto del nostro Paese. Il problema però sta tutto nella pratica. Noi

giornalisti, ma anche politici, utilizziamo spesso questo modo di dire molto abusato. Il problema è la

messa a terra di questi soldi. Di che parliamo? L'Italia, come gli altri Paesi dell'Unione

Europea, riceve da decenni fondi europei da utilizzare in vari settori. I più famosi di

questi fondi sono quelli pensati per ridurre il divario che c'è tra il nord e le regioni del

nostro sud. I mitici fondi per lo sviluppo economico, sociale, ambientale, etc. etc. del

mezzogiorno. Però abbiamo avuto sempre qualche problema a spenderli tutti, perché per realizzare

questi progetti, lo Stato, e intendo non solo il governo, ma anche i regioni, i provinci,

i cittadini etropolitani e i comuni, ecco, tutti questi soggetti hanno bisogno di figure

professionali specifiche per scrivere la proposta, farsere approvare dal comune, ottenere le

autorizzazioni, anticorruzione, antimafia, ambientale, via dicendo, e infine far partire

cantieri fino alla realizzazione dell'opera in questione. I soldi spesi poi vanno anche

e rende i contatti all'Unione europea. Del resto i soldi sono loro, è anche giusto

che vogliano controllare come gli abbiamo spesi e se lo abbiamo fatto bene. Come potete

immaginare per affrontare tutta questa burocrazia servono ingegneri, progettisti, architetti,

geometri, avvocati? Il problema è che già prima del PNRR facevamo fatica a trovarli,

perché nella maggior parte dei casi sono figure che preferiscono andare a lavorare nel privato,

stipendi più alti, contratti più stabilizzati, magari a tempo indeterminato, possibilità

di carriera più veloci, meritocrazia, insomma il posto fisso che sia in comuna barletta

o nella regione Lombardia non fa per loro. Ecco, con l'arrivo del PNRR, che si va a

sommare ai fondi europei ordinari che già prendiamo danni, il carico di lavoro per

i comuni, per le province, le regioni, eccetera, è aumentato di tantissimo. Pensate che solo

nel 2023 d'Italia tra PNRR, fondi vari dovrà riuscire a spendere qualcosa come 100 miliardi

di euro. Spoiler, in un anno normale è già tanto che ne mettiamo a terra una ventina.

Ecco perché, caro Marco, il PNRR italiano si è inceppato, servono professionisti, ma

questi, di andare a lavorare in comune, non ci pensano proprio. Forse per risolvere problemi

andrebbero aumentati gli stipendi, però questa è una valutazione che lascio alla politica.

Grazie a Luca Bianco, la Commissione europea tenterà in tutti i modi possibili di evitare

di negare la tranche di 19 miliardi all'Italia. Il perché lo spiega bene, Claudio Tito, su

Repubblica. Vi leggo ciò che ha scritto. Tutti partner europei considerano in recovery

fund una misura costruita su misura per l'Italia. Bociare un'emestre e negare una tranche

di fondi significa perdere per sempre quelle risorse, ma equivale anche a fare fallire la

ragione sociale di un intervento che costituisce

davvero un esperimento per l'Unione europea, che per la prima volta è stato finanziato con

che per la prima volta è stato finanziato con debito comune, una sorta di svolta

epocale per lui. E quindi, come dire, bocciare l'Italia vorrebbe dire per lui appunto bocciare

un po' anche se stessa. Pensateci, chi l'avrebbe mai detto che il problema un giorno sarebbe

stato non riuscire a spendere i troppi soldi che si hanno in tasca? È una storia antica

per carità, ma ogni volta sembra nuova. Noi siamo impantanati perché i soldi sono troppi

e non sappiamo come fare a spenderli. A dirlo è lo stesso Raffaele Fitto, ministra

qui è stata data la delega per il PNR che tre giorni fa ha detto. Alcuni interventi

da cui al 30 giugno del 2026 non possono essere realizzati ed è matematico e scientifico

che sia così. Dobbiamo dirlo con chiarezza e non aspettare il 2025 per aprire il dibattito

su di chi sia la colpa. Posso dirlo? Che amarezza? Ci torneremo su sicuramente di sicuro

quando ci sarà la prossima scadenza e quindi il 30 aprile, giorno in cui sapremo intanto

cosa ne sarà appunto di questa tranche da 19 miliardi. Io vi ringrazio per essere rimasti

con me anche oggi e come sempre vi do appuntamento alla prossima, ciao!

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L'Italia rischia seriamente di non ricevere una tranche del PNRR da 29 miliardi. La commissione europea per adesso ha dimostrato di essere paziente, ma non è detto che lo sarà ancora nei prossimi mesi. I ritardi sono davvero tanti e tali da portare il ministro Raffaele Fitto con la delega all'attuazione del PNRR a dire: "Alcuni progetti da qui al 2026 non potranno essere realizzati. E' matematico. E' scientifico". Ok, ma perché? Ne parlo con Luca Bianco.

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